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Riflessioni sul lavoro pittorico

RIFLESSIONI SUL  LAVORO PITTORICO.

L’immagine è sempre stata per me un mezzo per guardare dritto dentro le cose, individuarne le strutture e bloccarne lo spazio fisico nel quale l’occhio e con esso il nostro essere si muovono. E’ sullo spazio ed in particolare quello urbano che si sofferma la mia attenzione;è lo spazio creato dall’uomo a parlarmi attraverso i rapporti fra pieni e vuoti, i materiali e la luce che ricevono; è cosi che la città si crea il proprio carattere, la propria identità.. Genova ed in particolare la periferia a ponete possiedono accenti surreali che si dispiegano svelando la natura metafisica delle forme architettoniche. L’invisibile significato delle città è nella sostanza stessa della città. Spesso gli spazi della città vengono ignorati, o perché parte del nostro quotidiano o perché nascosti. I luoghi diventano  di conseguenza non luoghi ed è l’immagine dipinta a farli tornare  alla memoria.

Attraverso la pittura e la fotografia le architetture acquistano fisicità il che sembrerebbe assurdo per il fatto che queste sono effettivamente forme tangibili nella realtà ma è altrettanto vero che solo così si trasformano in luoghi riconoscibili altrimenti vissuti nelle singole esistenze. L’architettura urbana ferma il tempo, determina dei punti di riferimento nei nostri spostamenti, negli incontri, negli svaghi, nel lavoro; a volte sono spazi inattesi ma pur sempre spazi che rivelano la storia o collettiva o del singolo individuo. Non perdere la memoria di questi luoghi significa  non perdere noi stessi.

Mi accosto alla città con la stessa valenza con cui mi accosterei al paesaggio naturale .Una città in cui, il segno dell’uomo è evidente ma dove l’uomo non è presenza fisica, alimentandone la visione atemporale nella quale i volumi sprigionano energie primordiali.

Non esprimo un giudizio, ma pongo l’accento su caratteristiche oggettive, percettive e sensoriali, queste sono le forze, che ascolto quando dipingo.

 E’dalla volontà di registrare sistematicamente tutti questi aspetti che prendono avvio le ricognizioni fotografiche e pittoriche, dalle quali raccolgo informazioni e testimonianze insite nel territorio.

Vi è in questo approccio metodologico una predisposizione al viaggio, alla fascinazione e alla contemplazione dell’habitat – umano. Un viaggio capace di rivelazioni improvvise in cui i substrati architettonici si srotolano ora in scenografie piatte, ora in alternanza a vuoti campi ora in sospensione temporale.

La componente prospettica e L’inquadratura non sono gioghi secondari, il che porta a molteplici sopralluoghi in genere percorsi in campi circolari a stretto raggio che gradatamente si allargano rispetto al punto di partenza. Alcune volte la ripetizione è parte integrante di questo approccio che pur esula la serialità andando per contrasto ad esaltare l’unicità della forma. Nella ricerca si possono distinguere principalmente quattro chiavi di lettura differenti:

1) Il rapporto fra architettura ed ambiente: che registra tutti quegli spazi “improbabili” ove gli oggetti –architettura sono immersi nell’esaltazione della sensibilità periferica, indefinita ed infinita nelle potenzialità del suo divenire

2) L’alternanza ritmica delle forme e delle strutture architettoniche: dove le architetture si configurano: negli slanci, nei riposi e negli stacchi in successione  temporale, ripetendosi a volte ciclicamente in strutture dalla stessa forma ma con grandezze differenti; creando un invisibile spartito musicale ove i motivi scritti trasmettono sensazioni. E’ uno gioco di incastri e colori vario e molteplice.

3) L’isolamento dei volumi nello spazio: la morfologia degli ambienti, dell’ habitat umano, subiscono processi di trasformazioni spaziale dando origine talora a strutture che si diluiscono nell’ambiente fino allo smarrimento delle stesse. A volte divengono veri e propri Dolmen moderni in cui gli spazi circostanti si caricano della sacralità  dei luoghi di antica sepoltura.

4) La sublimazione delle architetture nel movimento-luce: ci riconduce ad un dialogo diretto con la pittura; il termine ottocentesco di “Sublime” è traslato dal paesaggio naturale a quello urbano che perde la forma per divenire atmosfera e fenomeno incontrollato della natura: la struttura perde peso ed è in grado di librarsi svincolata ora dalle leggi della fisica, le luci in movimento una rete intricata di filamenti la percorrono affermando la presenza spazio temporale.

 

Roberta Buccellati

 

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